RECENSIONI

Dal “Corriere del mezzogiorno” 16/12/2003

Cultura e spettacolo

Eros e fantastoria, un esordio letterario in punta di piedi

"Scrivere con i piedi", "parlare con i piedi", "quello è un leccapiedi" sono frasi fatte dove viene praticato sempre lo stesso giochino linguistico: si sostituiscono parti del corpo ritenute nobili, cioè la bocca, le mani, con un arto visto senza alcuna simpatia, anzi quasi con ignominia. D'altronde con i piedi non si dipinge, non si creano manufatti, né si scrive. Si cammina e basta. Tale drastico giudizio viene paradossalmente confermato proprio dal gioco del calcio. Del Piero, Henri, Shevchenko vengono pagati a peso d'oro proprio perché riescono a rendere duttile, al punto da trasformarlo ir. creativo, con cross, dribbling, goal, l'arto ignobile. Perciò pensate un po' quale impresa titanica sarebbe scrivere un romanzo utilizzando come protagonisti i piedi. Chi mai si lancerebbe in una simile impresa? Beh, una persona del genere esiste. Si tratta di un professore  che ha pubblicato con lo pseudonimo di Vin Santini per Franco Di Mauro Editore, il romanzo "Al diavolo dei girondini". Probabilmente state già pensando: "Questo qui ci vuole rifilare la solita bufala letteraria, il romanzo rivelazione che poi si rivela mortalmente noioso". Giuro che vi capisco. Molti autori meridionali, vincitori di premi, vengono esposti in bella mostra nelle nostre librerie, senza che nessuno si sia mai azzardato a leggerli fino in fondo. Nel caso di Mr. Santini però, vale la pena di correre il rischio. Anche se mi permetterò di suggerirvi alcune istruzioni per l'uso, affinchè la mia segreteria telefonica non venga intasata da insulti di lettori inviperiti. Il romanzo, vi informo subito, parte malissimo. Le prime venti pagine sono in pratica un attentato alla vostra pazienza. Sarete sommersi da una marea di nomi, persone, luoghi in apparenza privi di legami fra loro. Il problema è che il protagonista, Ghigò, è in preda a una nevrosi delirante, probabilmente causata dalla recente morte del padre in un incidente avvenuto a Karthoum. Ma se avete la pazienza di aspettare pagina venticinque, ecco arrivare il colpo di scena. L'eroe, rampollo di famiglia nobile, star del jet set europeo, solleva un battiscope di una camera d'albergo e assiste a una scena di feticismo: un concierge lecca vogliosamente i piedi della direttrice dell'hotel, Florianne. Questa visione risveglia i sensi di Ghigò che nel giro di poche ore si sostituisce al concierge nel ruolo di adoratore. Senonché la direttrice gli impone di offrire quei servigi ad altre donne, per la precisione tutte quelle che gli mostreranno un drappo verde. Da quel momento Ghigò inizia un girotondo vertiginoso che lo porterà da Parigi a Istanbul, a Ginevra passando per così dire di piede in piede, da adorazione in adorazione. Poi approda in Israele e lì viene addirittura rinchiuso in una gabbia di plexiglas dove è costretto ad adorare nell'ordine una famosa danzatrice classica, una donna politica di successo, un'affascinante dama orientale e così via. Beh, direte voi, tutto qui? No. Perché Ghigò, grazie alla sua propensione erotica (e al drappo verde), scopre il segreto che la sua famiglia custodisce da secoli. Riguarda una pietra magica che, funzionando come macchina del tempo, provoca un buco spazio-temporale attraverso il quale si possono raggiungere epoche remote. Ebbene Ghigò, il duca leccapiedi, pare sia stato prescelto dai suoi avi per intervenire in un momento topico della Storia Occidentale, la morte di Cristo. In pratica egli, grazie a un viaggio nel passato, dovrà evitare la condanna del Messia manovrando i politici e capi-popolo del tempo. Così al posto di Gesù, sulla croce, ci finirà quel signor nessuno di Barabba e la storia dell'Occidente potrà essere riscritta. Dunque leccando piedi femminili, sembra dire l'autore, sornione, si può cambiare il mondo!

Da questo momento in poi, i colpi di scena si susseguono a ritmo vertiginoso. A volte sembra di leggere una parodia delle soap opera dove in ogni puntata qualcuno deve necessariamente innamorarsi di qualcun altro, un giovane di belle speranze si suicida, la protagonista deve rimanere incinta del padre del fidanzato, pena la caduta a picco dell'audience. Chiaro come il sole che nel caso di Santini ci troviamo di fronte a un romanzo fuori dagli schemi. Anzi, vi dirò di più. Se non avete dimestichezza con gli ultimi lavori di Brett Easton Ellis o con i labirinti di Elias Canetti è meglio che non vi azzardate nemmeno a guardarne la copertina. Però, se vi piacciono i puzzle intellettuali e non considerate la letteratura come il sostituto del Valium per prendere sonno, acquistate Santini e preparatevi a godere di

un'avventura dello spirito degna di essere vissuta. Un'ultima raccomandazione. Appena  vi stendete sulla vostra poltrona preferita iniziare la lettura, attenti a dove mettete i piedi...

Michele Serio

Al diavolo dei Girondini Erotico, ma non troppo...

Ti destabilizza. Sin dal titolo. Con quel complicato intersecarsi di fabula e intreccio, con quel sovrapporsi continuo e fastidioso dì piani narrativi, con quell'alternarsi di luoghi, con quella girandola di personaggi e quel continuo accendersi e spegnersi di flash­back.

Vin Santini, il misterioso autore di AL DIAVOLO DEI GIRONDI­NI ce la mette tutta per avviluppare il lettore in un lusus, quasi interattivo, di riscoperta di una storia personale sul fondo della storia con la S maiuscola.

Da Sant'Agata sui due Golfi alle montagne delle Yemen, da Tel Aviv a Parigi, da Istambul ad Armentieres, da Calais a San Co­stanzo: le vicende di Romano Pisacane e di suo figlio Ghigo' si snodano lungo direttrici diverse sorprendendo il lettore con una prosa densa e carica di estrema significazione, dove l'interpun­zione fitta e sapiente relega suggestive pause, il registro stilistico frammisto di espressioni diverse e di prestiti dalle lingue stranie­re dona ampio respiro al racconto, l'allusività schiude continui link dai quali germogliano nuovi episodi, nuovi personaggi, nuo­ve situazioni.

Basta una frase, apparentemente banale, ad esempio alla pagi­na nove, a lanciare un fil rouge, (una strana adorazione per i piedi femminili, che ha tutto il sapore di una parafilia divertente ed eccitante), che attraverserà tutto il romanzo, fornendo una chiave di lettura, sulle prime inquietante, ma poi di grande inte­resse, per interpretare i rapporti tra i due sessi, e penetrare a pieno quella continua attrazione verso il complesso e affascinan­te universo delle donne.Perché se è Tullia, la giovane donna, con la gonna sollevata dal vento, ad aprire e chiudere il romanzo, come in una composizione circolare, le immagini femminili sono, invece, tante e variegate, come vario è il girovagare nel tempo di Ghigo' alla ricerca di quel presente perduto che "può essere me­raviglioso solo se lo possiedi come vuoi".

Un messaggio di speranza o di insuperabile pessimismo? Il gioco continua, si passa al livello successivo...

Candida Lazazzera

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