L'EBREO DI VERONA

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  • 14 Mar 2013
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ANTONIO BRESCIANI


L’EBREO DI VERONA




Introduzione di 
GIANANDREA DE ANTONELLIS



Le cause dell’attuale sfortuna di Antonio Bresciani in Italia (e all’estero), dopo il grande successo riscosso ai suoi tempi, sono di natura estrinseca ed intrinseca: tra le prime vanno annoverati nell’Ottocento il breve, ma incisivo saggio che gli dedicò De Sanctis – minandone la credibilità – e nel Novecento la decisione di Gramsci di utilizzare il nome dello scrittore trentino per uno dei suoi Quaderni del carcere – affossandone definitivamente la memoria e bollando Bresciani e i suoi “nipotini”; tra le seconde la mentalità catalogatrice dello scrittore gesuita, che costruì il suo primo romanzo, L’ebreo di Verona (1850), il più famoso – e famigerato – della sua produzione letteraria, con un intento plurimo.
Da un lato, infatti, lo scrittore aveva il desiderio di realizzare un’opera letteraria che potesse essere adatta a tutte le età – specialmente a quelle più delicate –, quindi che potesse essere letta senza suscitare scandalo alcuno. La nuova forma di romanzo avrebbe dovuto contrastare il successo che la poetica romantica riscuoteva tra i lettori, specialmente più giovani.
Quindi, per poter rifornire le librerie delle fanciulle (e non solo) di romanzi che potessero essere letti senza arrossire, padre Bresciani si accinse a scriverne uno di proprio pugno. Alle esigenze educative si affiancarono immediatamente le necessità di carattere politico: Bresciani ben si rendeva conto di come la letteratura potesse contrastare l’azione propagandistica risorgimentale, che faceva ampio uso dei romanzi per convincere in particolar modo le nuove generazioni alle idee moderne.


Caratteristiche del volume edizione ebook:
Pagg. 167, formato PDF.
ISBN 978-88-97595-32-8

Categoria › COCUMELLA

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